Stato, finanza e impresa innovativa: alleanza possibile e necessaria a sostegno del Sistema Paese

Andrea Di Bari, esperto in innovazione e sviluppo industriale, esamina le sfide e le opportunità di una possibile alleanza tra Stato, finanza e impresa innovativa, evidenziando il suo ruolo cruciale nel sostenere il Sistema Paese nell’attuale rivoluzione tecnologica.

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Photo by Gorodenkoff – Shutterstock

Il sistema economico italiano sta vivendo un momento particolare, che si riflette in maniera importante in tutti i settori. In questa fase storica particolare, un tema di primaria importanza per il futuro dell’economia italiana è senza dubbio quello che vede la potenziale alleanza tra Stato, finanza e impresa innovativa come pilastro a sostegno del Sistema Paese. Abbiamo il piacere di discuterne con il dottor Andrea Di Bari, autorevole esperto in innovazione e sviluppo industriale.

Stiamo vivendo una nuova rivoluzione industriale e tecnologica – ha esordito il dottor Di Bari – di grande portata. Stanno nascendo nuovi settori di competenza a una velocità incredibile e, con essi, nuove figure professionali. L’Italia e l’Europa sono tra i protagonisti di questa trasformazione grazie alle nostre Università, ai centri di competenza e ricerca, e all’intraprendente mondo imprenditoriale che ci ha sempre contraddistinto. Tuttavia, emergere in questa competizione globale non è affatto semplice. Le imprese italiane, specialmente nei settori ad alta tecnologia, faticano a competere con i colossi internazionali.

A quali settori specifici si riferisce quando parla di alta tecnologia?

Non mi riferisco solo al settore IT, come la cyber sicurezza, le telecomunicazioni o l’intelligenza artificiale. Mi riferisco anche a settori come la biotecnologia, l’ingegneria genetica, la lavorazione molecolare e lo sviluppo della robotica applicata all’industria e alla medicina. Tutti questi settori condividono due caratteristiche principali: richiedono ingenti investimenti iniziali e hanno tempi di messa sul mercato lunghi. Questi fattori comportano rischi finanziari elevati e, spesso, il ritorno sugli investimenti non è garantito.

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Quali sono le conseguenze di questi rischi per le imprese italiane?

Quando un imprenditore riesce, tende a voler recuperare il proprio investimento rapidamente, anche se questo significa cedere la proprietà intellettuale. In caso di fallimento, invece, c’è il rischio che tutto il lavoro svolto vada perso. Questo rappresenta una perdita significativa non solo per l’imprenditore, ma anche per il Sistema Paese, che potrebbe ritrovarsi a dover ricomprare tecnologie sviluppate sul proprio territorio da attori esteri.

Come giudica il ruolo del sistema dei fondi e degli investitori professionali in Italia in questo contesto?

Purtroppo, il sistema dei fondi in Italia è spesso frammentato e riluttante a fare squadra. Gli investitori tendono a concentrarsi su iniziative che percepiscono come sicure, con aspettative di ritorno rapide. Questo approccio limita però le possibilità di innovazione a lungo termine. Per sviluppare soluzioni veramente innovative, bisogna essere disposti a tentare, fallire e riprovare, accumulando conoscenza ad ogni ciclo.

Cosa propone per affrontare queste sfide e sostenere l’innovazione?

È necessaria una risposta di sistema, in cui lo Stato abbia un ruolo di regia o, almeno, di osservazione costante. Propongo un’alleanza tra impresa, Stato e mondo finanziario, con investimenti orientati al medio-lungo termine. Gli investimenti dovrebbero mirare a preservare la conoscenza acquisita, creando un ciclo rotativo tra vari attori, in modo che anche gli investitori della “seconda ora” possano trarre vantaggio dai progressi compiuti.

Quale ruolo dovrebbe avere lo Stato in questa alleanza?

Lo Stato dovrebbe fungere da punto di contatto tra innovazione, mercato dei capitali e commercio. Potrebbe incentivare investitori e imprenditori a partecipare a progetti di lungo termine, fornendo strumenti agevolativi finanziari e fiscali. Inoltre, la creazione di fondi rotativi di lunga scadenza, con partecipazione anche statale, potrebbe indirizzare gli investimenti verso tecnologie innovative, coinvolgendo fondi pensione, banche e privati.

Vede un possibile ruolo dell’Europa in questa strategia?

Sì, assolutamente. L’Europa ha già dimostrato la sua capacità di creare soluzioni efficaci, come il fondo FEIS per gli investimenti infrastrutturali. È ora di pensare a qualcosa di simile per il settore industriale strategico, per evitare di essere completamente schiacciati dalle grandi economie globali.

Quali sono i prossimi passi per trasformare questa visione in realtà?

È fondamentale creare osservatori che sintetizzino le tecnologie e l’evoluzione del mercato, fornendo un quadro chiaro agli investitori professionali. Questa alleanza dovrebbe sancire l’avvio di progetti su singoli temi a media/lunga scadenza, capitalizzando i progressi fatti e aprendo agli investimenti della seconda ora. Solo attraverso una collaborazione tra Stato, finanza e impresa potremo costruire un ecosistema capace di sostenere un obiettivo comune di lungo termine, trovando vantaggi anche nel breve termine.